Si è svolto il 20 e 21 agosto presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Zagabria il CPDWL IFLA Satellite Meeting 2019.Questo importante evento internazionale nel campo della Library and Information Science, organizzato annualmente dall’ International Federation of Library Associations and Institutions (IFLA), quest’anno si è concentrato sul tema: “Librarians and information professionals as (pro)motors of change: immersing, including and initiating digital transformation for smart societies”. Solo due le istituzioni selezionate a rappresentare l’Italia: l’Università di Genova e La Sapienza di Roma.Con Anna Maria Pastorini, in rappresentanza del Sistema Bibliotecario di Ateneo, abbiamo esposto l’articolo: “Islands and bridges: academic librarians toward Open Innovation and the Internet of Things”, compreso tra i 5 interventi maggiormente in linea con il tema generale, secondo Philip Schreur, keynote speaker della Stanford University. Questo lavoro analizza il ruolo specifico delle biblioteche accademiche nei processi innovativi, partendo dal concetto di "relazione" per illustrare alcune tecniche di Open Innovation mutuabili dal mondo aziendale e delle smart cities e applicabili nelle biblioteche accademiche. Parlando di Open Innovation ci si riferisce ad aziende e organizzazioni che sono aperte alle idee interne ed esterne, e trovano la loro forza innovativa nella relazione con l’esterno. Anche l’impianto concettuale che sta alla base del IoT (Internet of Things) è basato sul concetto di potere della relazione: l’interesse tecnologico si sposta infatti dall’oggetto alla connessione fra gli oggetti. Alcune strategie di Open Innovation sono facilmente applicabili nel mondo delle biblioteche accademiche, come, ad esempio, il crowdsourcing, tecnica che consiste nel coinvolgere nel processo creativo un folto gruppo di persone, anche tramite condivisione di idee su piattaforma tecnologica e/o lancio di “contest di idee”. Particolarmente interessante è notare che il crowdsourcing aziendale ritiene gli studenti universitari una fonte primaria di “lateral thinking”, ossia di idee e punti di vista originali e fuori dagli schemi. È quindi evidente che questo metodo dovrebbe essere applicato ancora di più dalle Università, di cui gli studenti sono la componente principale.L’applicazione dei principi di Open Innovation negli enti pubblici è sostenuta anche dall’Unione Europea che con la "Dichiarazione di Dublino sull'innovazione” ha lanciato nel 2013 il programma "Open Innovation 2.0", stimolando la collaborazione tra Università, enti territoriali, industria e società civile, attraverso il modello definito “quadruple helix model”. Secondo questo principio, e grazie al supporto tecnologico, lavorare insieme e condividere progetti in una visione coordinata e geolocalizzata permette di riunire in un unico obiettivo il miglioramento delle condizioni sociali e l'aumento qualitativo delle prestazioni aziendali.La seconda parte dell’intervento ha analizzato il ruolo del bibliotecario accademico nel nuovo scenario delle tematiche Open Science e ne ha delineato le competenze come professionista “promotore di cambiamento”.Focalizzandosi sulla realtà dell’Università di Genova, è stato presentato un esempio di come le tematiche di OI possono essere utilizzate in concreto: la creazione del portale Open Science.Il portale, a cura del Gruppo Open Science di Ateneo, concretizza un modello virtuoso di collaborazione tra più aree professionali (come bibliotecari e staff di supporto alla ricerca), dove competenze differenti si mettono in relazione per costruire nuove conoscenze.L’articolo completo è consultabile da: http://library.ifla.org/2673/Marcella Rognoni Sistema Bibliotecario d'Ateneo