Il bene oltre il benessere.

Il bene oltre il benessere.

Un'altra economia è possibile

Nel discorso economico il benessere - ce lo ricorda Amartya Sen – rappresenta un tappa intermedia: l'economista deve guardare al bene tout court, entro il quale il benessere gioca un ruolo ovviamente importante, ma parziale. Valorizzare le persone e le loro capacità, promuovere la partecipazione congiuntamente al perseguimento della conoscenza e all'esercizio della solidarietà rappresentano obiettivi che, oltre a essere significativi in sé, disegnano un universo di valori decisivi per lo stesso successo economico.

Tali riflessioni si collocano oggi in un contesto che si caratterizza per la presenza di grandi contraddizioni e ambiguità, anche a livello di linguaggio. Si parla in continuazione di futuro, di sfida del futuro; pur tuttavia gli interessi, le scelte, i comportamenti sono nella quasi totalità traguardati sul breve, brevissimo termine. Del pari si sottolinea la centralità e la criticità delle risorse umane; per contro, le ristrutturazioni economico produttive comportano nella generalità dei casi il taglio drastico dei posti di lavoro. Ci si richiama alla democrazia come valore supremo, ma la democrazia ha come fondamento l'uguaglianza e, al presente, registriamo la crescita esponenziale delle diseguaglianze di reddito, di ricchezza e soprattutto di chances di vita.

La potenza della scienza e della tecnologia amplifica a dismisura le risposte, ma le domande di senso dove sono? Qui sta il punto. L'uomo d'oggi appare ricco di strumenti e nel contempo povero di fini. L'inversione tra mezzi e fini caratterizza le moderne forme di alienazione nell'ambito delle quali l'uomo si priva della possibilità di fruire della propria umanità e di entrare in relazione solidale e creativa con gli altri uomini e con la natura.

Anche i processi educativi sono dentro queste grandi contraddizioni. Nelle nostre facoltà quello che conta davvero è il solo sapere strumentale, finalizzato alla produzione di ciò che si ritiene essere richiesto o sanzionato dal mercato. Le discipline respingono, o non si pongono, la domanda sull'uomo in quanto tale, ritenendola non scientifica o prescientifica. Lo studente non viene stimolato a interrogarsi su se stesso, con il rischio di non sapere poi esercitare alcun ruolo critico su ciò che sarà chiamato a fare nel lavoro e nelle professioni.

Le tecniche finiscono per diventare autoreferenziali. Manca la mediazione tra il sapere scientifico e i concreti bisogni delle persone. Occorrerebbero strutture di comunicazione, di dialogo, di partecipazione, l'assunzione di una responsabilità collettiva. È da qui che occorre ripartire. Ripartire dalla consapevolezza che il progresso e la modernità non si esauriscono in un mero assemblaggio di innovazioni materiali, trainate dalla sola domanda di mercato.

Il mondo dei valori, le istanze etiche non possono essere messe tra parentesi. L'individualismo metodologico e il darwinismo sociale posti a fondamento della scienza economica ne depotenziano – di fronte ai grandi problemi che sono sul tappeto - le capacità interpretative e normative. Occorre pertanto esplicitare la costitutiva umanità dell'agire scientifico ed economico assunto nell'insieme delle sue dimensioni. In questa prospettiva l'economia richiede umanizzazione e trascendimento etico. Laddove all'etica si attribuisca il significato non tanto o non solo di norme di comportamento quanto di "dimora" ovvero di recupero di senso in ordine al produrre, al lavorare, al consumare, al vivere.

Lorenzo Caselli
Dipartimento di Tecnica ed Economia delle Aziende
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