I segni dell’informatica: da Alan Turing ai giorni nostri

I segni dell’informatica: da Alan Turing ai giorni nostri

Il tema del Festival della Scienza 2016, "Segni", è stato un'occasione per ragionare sui tanti significati del termine nell'ambito dell'informatica, una scienza giovane che sta influenzando in modo profondo la nostra società e i nostri costumi.

La traduzione del pensiero astratto dell'uomo in simboli (segni) che il calcolatore sia in grado di immagazzinare, elaborare e trasmettere: questo è il primo tema a cui pensare parlando di segni e informatica.

Ma oggi, dopo aver assistito negli ultimi anni a incredibili evoluzioni dei modelli per l'interazione uomo-macchina, iniziamo a pensare al linguaggio dei segni delle interfacce naturali, grazie alle quali oggi possiamo comunicare con il computer tramite gesti. Tendenza iniziata nel campo degli "exergames", videogiochi che prevedono la collaborazione attiva e atletica del giocatore, oggigiorno lo sviluppo di tali interfacce sta influenzando i domini applicativi più disparati.

I segni ci ricordano anche le tracce che l'uomo moderno sta lasciando alle sue spalle mentre opera e interagisce con i suoi simili nelle reti sociali dell'era digitale. Tracce che vengono sfruttate dai moderni Sherlock Holmes dell'informatica forense e che possono anche diventare sorgente di dati da analizzare nella loro ricchezza per realizzare algoritmi in grado di affrontare e risolvere alcuni tra i più affascinanti problemi dell'era moderna, e tra questi l'esplorazione delle frontiere dell'intelligenza artificiale.

Proprio grazie alla data science, la scienza dei dati, negli ultimi decenni sono stati fatti incredibili passi avanti ottenendo risultati che erano inimmaginabili fino a pochi anni fa. Abbiamo assistito alla nascita di macchine in grado di svolgere alcuni compiti tipici dell'uomo. Oggi utilizziamo quotidianamente dispositivi in grado di comprendere le nostre parole senza bisogno dell'uso della tastiera, riconoscere i volti delle persone che stiamo per fotografare, fornirci suggerimenti sul prossimo film o libro da vedere sulla base delle nostre abitudini: macchine in grado di agire come un uomo, su compiti specifici.

Negli ultimi tempi si è invece molto parlato di macchine che pensano, dei pericoli e della meraviglia di nuovi sistemi artificiali che realizzino la visione di Alan Turing, uno dei padri dell'informatica, il quale negli anni 50 si era chiesto "Possono le macchine pensare?". Pochi anni fa Stephen Hawking ha affermato che "lo sviluppo di una piena intelligenza artificiale potrebbe significare la fine della razza umana." Nel 2015, quasi 200 tra le menti più brillanti del nostro tempo hanno raccolto la sfida di edge.org rispondendo al quesito "Cosa ne pensi delle macchine che pensano". Su questo tema concludo con le parole di Tomaso Poggio, Professore presso l'MIT di Boston, "... tutto considerato, non temo le macchine che pensano, ma trovo che la loro creazione e la loro evoluzione siano uno degli eventi più eccitanti, interessanti e positivi nella storia del pensiero umano."

 

Francesca Odone
Dipartimento di Informatica, Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei Sistemi



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