Fatti non foste. Divagazioni di economia, politica e società

Fatti non foste. Divagazioni di economia, politica e società

di Bruno Soro, edito da De Ferrari, Genova 2015, pp. 337

Fatti non foste: questo il titolo – un poco criptico – dell’ultima fatica letteraria di Bruno Soro, già professore di Economia e Politica economica a Giurisprudenza e di Economia dello sviluppo a Scienze Politiche.


Titolo cui fa da contraltare la foto in copertina che riproduce una scritta su un muro di Via Balbi: “Basta fatti, vogliamo promesse”. I fatti come un filo rosso del libro: ma i fatti esistono? E il fatto è ciò che si voleva fare? Vediamo i fatti o le loro narrazioni? Il lavoro di Soro cerca proprio di decrittare le narrazioni che sentiamo in Tv, leggiamo sui giornali, apprendiamo dai cinguettii dei social. L’autore è dissacrante (garbatamente) e icastico nei suoi 81 “medaglioni” raccolti nel volume: una selezione di articoli pubblicati negli ultimi cinque anni su giornali online e originati da notizie apparse sui principali quotidiani, da letture di libri o di articoli scientifici e da argomenti di attualità. Ma vi è un altro filo rosso che lega i testi: l’intreccio tra dinamiche economiche, politiche e sociali. L’economia intesa “radicata” nella società e influenzata dalla politica, nel bene e nel male.


La prosa accattivante, le frasi immaginifiche, alcune affermazioni icastiche fanno dell’agile volume di Soro un esempio poco usuale nel panorama della letteratura economica. Opera divulgativa, secondo l’autore: ma anche un sapiente uso di una tecnica di comunicazione divulgativa informata e colta. Sono oltre duecento le citazioni sparse nelle pagine, che spaziano dagli illuministi del Settecento ai neoliberisti contemporanei. Ma le citazioni sono “leggere”, quasi appoggiate sullo sfondo di un ragionamento invece stringente, incalzante, talora irriverente.


Temi quali la fragilità della moneta unica, la crisi dell’economia italiana, il debito pubblico, l’occupazione e la disoccupazione, il capitale sociale, la scomparsa del ceto medio, il degrado morale sono alcune degli argomenti (al tempo stesso sono problemi maligni) posti sotto la lente di uno studioso che sa maneggiare metodi e paradigmi della scienza economica e padroneggia facilmente un linguaggio appropriato, ma che non si è innamorato soltanto dei numeri.


Non nasconde il nostro le difficoltà del decidere, specie in politica, e i decisionisti dovrebbero dimostrare un po’ di sana umiltà nel riconoscere che prendere decisioni è l’attività umana più complicata, perché non abbiamo tutte le informazioni necessarie per decidere, perché agiamo sostanzialmente in modo poco razionale e molte volte non teniamo conto delle conseguenze inattese. Come non maschera la sua preferenza per le interpretazioni Keynesiane: non ha paura di non essere “alla moda”, nel cosiddetto “mainstream” della scienza economica. Sa che talora dietro le curve della storia si può trovare un nuovo panorama: in fondo, la scienza è progredita per salti di paradigmi.

Andrea Mignone
Dipartimento di Scienze Politiche
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