Ricordo del «Mago» Weisz, passato per il camino ad Auschwitz

Ricordo del «Mago» Weisz, passato per il camino ad Auschwitz

Epigrafe di Weisz a Milano«Son morto con altri cento… | passato per il camino | e adesso sono nel vento. | Ad Auschwitz c’era la neve, | il fumo saliva lento».


Con le parole di Guccini, vogliamo ricordare uno dei più grandi allenatori di calcio di tutti i tempi: Árpád Weisz, ucciso ad Auschwitz nell’inverno 1944. «Il Calcio Illustrato» – la famosa rivista sportiva – lo definì «il Mago» molti anni prima di Helenio «Accaccone» Herrera.


Del «Mago», Weisz aveva tutti i requisiti: scopriva i talenti nascosti tra i ragazzi del vivaio; studiava a tavolino le partite che la sua squadra doveva giocare; infine, riusciva a fare in modo che la squadra peggiore battesse la migliore.


Ebreo ungherese, Weisz apparteneva alla scuola danubiana: il suo modo di giocare era atletico come quello degli Inglesi, ma virtuosistico come quello dei Sudamericani. Da calciatore vestì la maglia della Nazionale ungherese. Giocò anche contro l’Italia, proprio qui a Genova, il 4 marzo 1923. Un infortunio pose fine alla sua carriera di giocatore, ma diede inizio alla sua sfolgorante carriera di «Mago». Nel 1929/30, a trentaquattro anni (età record per un allenatore), fece vincere lo scudetto all’Inter.


Manifesto Weisz no al razzismoMentre allenava l’Inter, il «Mago» Weisz scoprì un grande talento: un ragazzino coi capelli imbrillantinati, di nome Peppino Meazza. Fu quel ragazzino a dare all’Italia due Coppe del Mondo (1934 e 1938). Nella semifinale del ’38, gli Azzurri sconfissero il Brasile grazie a un calcio di rigore. Meazza batté il «penalty» tenendosi le braghette con ambo le mani, perché l’elastico si era rotto e il regolamento non consentiva la sostituzione dell’indumento durante la partita. Meazza era uno dei pochi giocatori a saper segnare colpendo il pallone con una fulminea rovesciata, spalle alla porta. È lo stesso gesto atletico compiuto da Pelè nel film «Escape for Victory» (1981): ma i film sono film, la realtà è un’altra cosa.


Quando si parla di calcio, c’è sempre qualcuno che esclama convinto: «Il fascismo favoriva lo sport!» Favoriva lo sport a modo suo. A Bologna (città notoriamente sinistrorsa), il podestà e federale fascista Arpinati fece costruire nel 1925/26 uno stadio monumentale, perché i proletari bolognesi dimenticassero la lotta di classe e si appassionassero alle partite del Bologna Football Club. Lo stesso Arpinati – in qualità di presidente della FIGC – fece vincere lo scudetto 1925 al Bologna, strappandolo al Genoa (che lo meritava); nel 1926/27 decise di non assegnare il titolo, togliendolo al Bologna (che lo meritava).


Nel 1935, il «Mago» Weisz divenne allenatore del Bologna. Sotto le Due Torri, se lo ricordano ancora: il «Mago» realizzò una favolosa «accoppiata», vincendo due scudetti in fila (1935/36 e 1936/37). Infine, il Bologna rappresentò il calcio italiano al Torneo dell’Esposizione di Parigi (1937). In finale, si ritrovò i maestri inglesi del Chelsea. Quella partita fu il capolavoro tattico del «Mago». Weisz sapeva di non poter competere con gli inglesi sul piano atletico, quindi mise in squadra tre italo-urugayani: Andreolo, Fedullo, Sansone, calciatori dal tocco vellutato, dotatissimi sul piano tecnico.. E fu un trionfo: il Chelsea fu battuto per 4-1 con una tripletta di Reguzzoni; per merito del «Mago», nacque la leggenda del Bologna «che tremare il mondo fa».


Tristissimo fu l’epilogo della carriera del «Mago». Le leggi razziali lo costrinsero ad abbandonare l’Italia. I nazisti lo deportarono ad Auschwitz con tutta la sua famiglia. Prima eliminarono sua moglie e i suoi figlioli, che avevano i nomi – italianissimi – di Roberto e Clara. Poi uccisero Weisz, il 31 gennaio 1944. E pensare che c’è ancora qualcuno che osa dire: «Il fascismo favoriva lo sport!»

Weisz e la sua Inter

Leonardo Paganelli
Dipartimento di Italianistica, Romanistica, Antichistica, Arti e Spettacolo
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