Torna l’incubo alluvione

Torna l’incubo alluvione

A tre anni di distanza dall’ultimo devastante evento, Genova si ritrova a contare una vittima e innumerevoli danni in una vasta zona del centro della città: Stazione Brignole, Via Canevari, Borgo Incrociati, Via Fereggiano, Bisagno: nomi e luoghi conosciuti a livello nazionale.
Nel giro di poche ore l’esondazione del Bisagno ha trascinato auto in sosta, distrutto cartelli stradali e inghiottito sottopassi, garage e magazzini, sommersa da una palude di fango.
Tanti nostri colleghi e tanti studenti abitano in quelle zone colpite così duramente dall’alluvione e noi abbiamo voluto raccogliere i loro racconti.

La Redazione

9 OTTOBRE 2014

Garage invaso dal fangoNonostante non sia stato emanato alcun allerta (strano, mi dico, negli ultimi anni ne sono stati annunciati parecchi per molto meno), rimango sul chi va là per tutto il giorno e più volte mi affaccio al balcone per controllare il Bisagno: il livello è sempre sotto la tacca verde e l’ARPAL non ha modificato la sua posizione, confermando l’emanazione di un semplice avviso. “Forse”, penso, “sono solo scottata dall’esperienza del 2011”.
Dopo cena insieme a mio marito cerco in tv qualche aggiornamento meteo: è esondato un torrente a Montoggio, hanno salvato per un pelo delle persone, ma le emittenti locali ribadiscono che in città è tutto sotto controllo. Eppure… il Bisagno sta cominciando a crescere, siamo al livello giallo, meglio fare il punto della situazione dei mezzi: la mia macchina è parcheggiata in via Archimede, in caso di allerta sarei andata a spostarla, ma adesso ci sinceriamo solo che non sia vicina agli argini del Bisagno, mentre mio marito decide di scendere a spostare lo scooter nel garage interrato di fronte a casa, dove teniamo la sua macchina, dato che si era rivelato un posto sicuro durante l'alluvione del 2011. Durante la sua assenza il Bisagno si alza pericolosamente, siamo al livello rosso, mi sto spaventando, ma fortunatamente sento la chiave nella toppa… ok è rientrato, ora non ci resta altro da fare che guardare giù e nel giro di qualche minuto rimaniamo impotenti, allibiti e sconvolti da quello che sta succedendo: il Bisagno è esondato (di nuovo!), con una forza molto più potente rispetto al 2011, e si sta portando dietro tutto quello che incontra al suo passaggio. La furia del torrente durerà più o meno 45 minuti, un tempo lunghissimo del quale non dimenticherò mai i rumori: gli allarmi delle auto e delle attività commerciali, le urla delle persone, i tonfi sordi delle macchine che si scontrano tra loro.
Ovviamente rimaniamo senza corrente elettrica, giusto il tempo di avvisare i genitori e poi spegniamo anche i cellulari, per centellinare la batteria rimanente in caso di necessità. Insieme ai vicini ci raduniamo sulle scale del pianerottolo con una piccola torcia e ci facciamo coraggio, mentre mio marito e pochi altri scendono giù. Non dimenticherò mai la sua espressione quando, tornando su ricoperto di fango fino al torace, ci comunica che l’acqua ha invaso l’ingresso del palazzo, fuori c’è l’inferno, le macchine sono lontane dai parcheggi originari e spesso cappottate o accozzate in spaventose torri una sopra l’altra e il garage è completamente inondato dal fango fino al soffitto (riusciremo ad entraci dentro dopo più di dieci giorni).
E così alla luce del giorno facciamo la conta dei danni: due macchine, uno scooter e una moto (che sostava nel garage di mio suocero in un’altra zona che ovviamente non è stata risparmiata da allagamenti), la caldaia del palazzo da buttare, l’ascensore allagato e il portone distrutto… ok dobbiamo trasferirci dai miei suoceri e lì rimarremo per una settimana. Oggi siamo ancora senza caldaia, l’asilo frequentato da mio figlio è stato dichiarato inagibile per danni strutturali e l’odore del fango ci accompagna in ogni nostro viaggio in ascensore. Ho finito le parole per i responsabili di tutta questa tragedia, ma il mio cuore è colmo di gratitudine per tutte le persone che mi sono state vicine in questi giorni e per i tanti volontari che hanno lavorato senza sosta per rimettere in piedi una città, sebbene non fosse compito loro.

Valentina Sorci

IL DOLORE DI UNA CITTÀ

Via Archimede invasa dal fangoSono una studentessa dell’Università di Genova e per la prima volta anche uno degli “Angeli” che hanno prestato il loro impegno nelle tristissime giornate dell’ultima alluvione. Ultima perché purtroppo la nostra bellissima città ha già subito un disastro simile nel 2011.
Questa volta il disastro, secondo noi “Angeli”, è stato maggiore, sotto tanti punti di vista: i danni sono stati superiori, ma soprattutto quello che mi ha colpito è stato vedere persone mature che stavano già affrontando un mutuo per affrontare i danni dell’alluvione precedente, trovarsi nella situazione di non sapere come fare ad affrontare una nuova ripresa.
Mi ha colpito vedere le lacrime di gratitudine di queste persone che ci offrivano un panino e una bibita in cambio del nostro sforzo. A differenza degli altri anni, infatti, noi angeli non avevamo neanche da mangiare e da bere e non c’era la possibilità di comprare nelle zone che abbiamo battuto proprio perché tutti gli esercizi erano devastati.
Devo dire che questa esperienza ci ha toccato in modo forte e ci ha forse anche un po’ cambiati. Il nostro è stato un gesto umile, i nostri sforzi fisici sono stati grandi, anche perché non tutti siamo abituati a usare pale e attrezzi simili e posso assicurare che il fango è una delle cose più “sporche” e difficili da debellare. Ogni sera al nostro rientro i vestiti dovevano essere puliti a mano. Il fango tra i capelli e sulla pelle, duro e maleodorante, comunque non ci è sembrato nulla in confronto al dolore delle persone che abbiamo umilmente aiutato e confortato.
Ci siamo trovati uniti da un dolore che non era solo il dolore degli afflitti, ma anche il dolore di una città intera, ferita e affranta.
Questo è quello che noi “Angeli del Fango” abbiamo vissuto e l’interruzione delle attività didattiche ci ha permesso di poterlo vivere per giorni interi, sarebbe stato comunque impossibile poter studiare serenamente a casa, mentre una città intera era in ginocchio.
Ora noi studenti siamo tornati alle lezioni e allo studio, ma il ricordo di questa esperienza rimarrà in tutti i nostri cuori per sempre.

Beatrice Calisti

UNA CITTÀ CHE VUOLE VIVERE

Macchine accatastate in via ArchimedeSono uno degli studenti dell’Ateneo di Genova che venerdì 10 ottobre non si è recato, come di consueto, alle lezioni universitarie in quanto l’attività didattica era sospesa a causa dell’alluvione della notte prima. Io e i miei amici quella mattina non riuscivamo proprio a stare a casa e approfittare per dormire qualche ora in più oppure studiare tranquillamente per il prossimo esame. E’ bastato un veloce passa parola per decidere di indossare gli stivali di gomma, prendere le pale in cantina che utilizziamo in caso di neve, e decidere di andare ad aiutare chiunque avesse bisogno di noi.
Siamo scesi a piedi dalle alture del Righi e ci siamo recati nei luoghi di questo nuovo disastro e, con tanto entusiasmo e una dose di incoscienza, non ci siamo fermati di fronte alle previsioni di ulteriori piogge. Non ci siamo curati delle polemiche, della politica, delle vere o presunte colpe, ma siamo stati vicini alla gente che soffriva, alle persone in lacrime che avevano perso tutto per la seconda volta e abbiamo sofferto con loro e per loro.
La stanchezza non si è mai fatta sentire, neanche i giorni dopo, quando abbiamo deciso di continuare a pulire e dare sostegno alle persone bisognose. Solo il lunedì sera, quando la tensione si è affievolita, molti di noi accusavano mal di schiena, mal di gambe e sbucciature in varie parti del corpo.
Questa esperienza ci ha fatto capire tante cose: basta poco per unire le persone, la solidarietà umana fa scalare intere vette che possono apparire insormontabili, il sacrificio e l’impegno sono indispensabili per ottenere dei risultati validi e noi “Angeli del Fango” abbiamo aiutato ancora una volta questa città a risollevarsi. La gratitudine dimostrata da chi abbiamo aiutato ci ha reso felici, ci ha ripagato di tutte le fatiche e ci ha lasciato una strana sensazione di gioia .
C’è invece chi, genovese di nascita come noi e noto uomo di spettacolo, ha detto che la nostra è stata solo una manifestazione di protagonismo ed egocentrismo. Noi abbiamo solo cercato di dare un sincero aiuto a chi ne aveva bisogno, con dignità e serietà e con lo spirito di chi vuole sentirsi parte di una città che vuole vivere.
Un grazie a tutti gli “Angeli del Fango”

Andrea Savino
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