Supermicroscopia 2.0

Supermicroscopia 2.0

Alberto Diaspro nei laboratori di IIT (foto di Agnese Abrusci, IIT)La microscopia ottica, come metodo di indagine del vivente e non solo, ha vissuto stagioni di interessante sviluppo tecnologico e applicativo: dall’utilizzo del microscopio per produrre immagini a 4D, le tre dimensioni spaziali e il tempo, fino all’avvento di marcatori come le proteine fluorescenti verdi e l’eccitazione multifotonica per studi direttamente sul vivente. Negli ultimi anni vi è stato un fiorire di metodi rivolti a migliorare la risoluzione spaziale, ovvero la capacità di cogliere dettagli sempre più fini. Il microscopio ottico pur permettendo di migliorare la capacità dell’occhio di un migliaio di volte, risultava limitato dalla diffrazione e inadeguato a cogliere informazioni quantitative a livello molecolare. Negli ultimi 20 anni, rendendo giustizia alle intuizioni datate a fine degli anni ‘40 di Giuliano Toraldo di Francia circa la super risoluzione, sono stati sviluppati metodi che – pur nel rispetto delle leggi della fisica – hanno permesso di raggiungere un dettaglio circa 100 volte ancora più fine, seppur in casi particolari: il record – per così dire – di risoluzione con un microscopio ottico è attestato intorno a 2.4 nm.
Si parla dunque di super risoluzione ottica, di nanoscopia ottica ovvero di supermicroscopio da almeno 10 anni (in realtà un termine simile, ultramicroscopio, era stato coniato nel 1903 ma la nostra nota si allungherebbe troppo).


Recentemente, in una collaborazione tra il mio gruppo di ricerca in Nanobiofotonica del Dipartimento di Nanofisica dell’Istituto Italiano di Tecnologia e il gruppo di ricerca di Ranieri Bizzarri dell’Istituto di Nanoscienze del CNR e della Scuola Normale di Pisa siamo riusciti a portare un importante valore aggiunto alla supermicroscopia: la possibilità di osservare ad elevatissima risoluzione spaziale eventi biologici nel tempo. Da qui il significato del termine che apre una nuova era per la microscopia ottica: il supermicroscopio o nanoscopio 2.0. Il supermicroscopio 2.0 mostra nuovi dettagli nella cellula ed è capace di individuare particolari a livello molecolare mai visti prima nelle cellule facendo intravedere nuove frontiere per la microscopia ottica – oggi in ragionevole competizione con la microscopia elettronica - con applicazioni in campo diagnostico di alta precisione. Abbiamo introdotto, per la prima volta, la combinazione tra la metodica pCF (pair correlation analysis) e la nanoscopia ottica STED (stimulated emission depletion). Abbiamo utilizzato sia capsidi marcati con circa 100 molecole fluorescent che sistemi cellulari. Nel lavoro viene mostrato come sia possibile, per la prima volta, “inseguire” il movimento di singole molecole all’interno di un sistema cellulare avvalendosi della metodica di deplezione forzata della fluorescenza e dell’analisi pCF che consente di produrre immagini con un dettaglio inferiore a 100 nanometri (cento miliardesimi di metro), superando i consueti limiti di risoluzione delle microscopia ottica che si fermano a 200 nanometri.


Grazie al nuovo metodo si è riusciti a mettere a fuoco le particelle virali del virus dell’epatite B, le quali posseggono un diametro di circa 80 nanometri, individuando dettagli associati al trasporto di proteine all’interno del nucleo di una cellula, completamente nascosti allo strumento convenzionale (il fenomeno avviene a dimensioni di 100-150 nanometri).
In particolare è stato possibile definire chiaramente l’esistenza di barriere per la diffusione e il trasporto molecolare.

Possiamo dire di avere realizzato, forti anche dell’esperienza maturata all’Università degli Studi di Genova (www.lambs.it) che dal 2009 prosegue all’Istituto Italiano di Tecnologia al NIC@IIT (www.nic.iit.it), una nuova generazione di supermicroscopi capaci di una risoluzione elevatissima (in teoria illimitata) rispetto alla strumentazione più avanzata generalmente disponibile in microscopia e nota come microscopia confocale. I risultati sono pubblicati nella prestigiosa rivista internazionale PLOS ONE. Poichè “vedere è poter credere”, riteniamo che questi risultati possano essere di grande supporto nella diagnosi medica per rilevare in tempo reale funzioni e possibili disfunzioni della cellula.

La pubblicazione può essere scaricata gratuitamente: PlosOne, Nanoscale Protein Diffusion by STED-Based Pair Correlation Analysis - Paolo Bianchini, Francesco Cardarelli, Mariagrazia Di Luca, Alberto Diaspro, Ranieri Bizzarri; OI: 10.1371/journal.pone.0099619

Alberto Diaspro
Dipartimento di Fisica (DIFI)

Rappresentazione grafica del funzionamento della metodo ed esemplificazione dell'acquisizione dei dati di diffusione delle molecole attraverso il poro nucleare (tratta da PlosONE) Immagine di capsidi virali,  confronto tra l'acquisizione con microscopio a super-risoluzione (STED) e microscopio convenzionale (confocale) (tratta da PlosONE)

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