Commento sulle ultime elezioni rettorali

Commento sulle ultime elezioni rettorali

Il contesto
Le ultime elezioni rettorali, concluse il 10 luglio con la vittoria del prof. Paolo Comanducci, hanno rappresentato l’approdo finale di una competizione che ha mostrato un volto in buona parte inedito, non solo per impegno dei contendenti e vivacità, rispetto a quelle tenute precedentemente. Ciò ha determinato conseguenze significative sulle modalità di svolgimento delle elezioni e sul loro esito finale.
Gli elementi di novità sono, a nostro avviso, legati a due elementi principali che hanno caratterizzato il contesto in cui si sono svolte: le regole e il clima politico. Iniziamo dal primo.
Le nuove regole preposte a disciplinare, dopo l’ultima revisione dello statuto, l’elezione del rettore hanno, innanzitutto, modificato significativamente, allargandola, la base elettorale (il cosiddetto elettorato attivo) del nostro ateneo. Il precedente statuto limitava la titolarità dell’elettorato attivo sia dei ricercatori (che non dovevano superare per numero la metà dei professori) sia del personale tecnico-amministrativo (limitato a non più di cento rappresentanti). Il nuovo statuto abbassa notevolmente tali barriere, attribuendo il diritto di voto, senza eccezioni, a tutto il personale, docente (compresi i ricercatori) e tecnico-amministrativo. Il voto espresso da quest’ultimo, pur con limiti legati alla ponderazione del 20%, ha così un’incidenza e un peso superiori rispetto a quelli avuti in precedenza. In secondo luogo, le nuove procedure che regolano la presentazione formale delle candidature (specie l’obbligo di esporre anticipatamente programmi e curriculum) hanno segnato profondamente lo stile e i contenuti della campagna elettorale.
Il secondo elemento, il clima politico, ha risentito di aspetti sia specifici, riguardanti la nostra comunità accademica, sia generali, connessi alla congiuntura storico-politica del nostro paese. Ci riferiamo, da un lato, agli effetti della riforma Gelmini che ha cambiato, in alcuni casi drasticamente, il quadro organizzativo degli atenei italiani e che ha sollevato animate reazioni e discussioni all’interno del nostro mondo; e, dall’altro, alla svolta politica impressa dall’avvento di Renzi e del movimento Cinque Stelle sulla scena politica, con la ventata di “nuovismo” e di contestazione verso l’establishment che l’ha accompagnata.

Lo svolgimento della campagna elettorale
Come accennato, questi elementi di novità hanno sicuramente influenzato i modi attraverso cui si è dipanata la contesa tra i diversi candidati nonché il suo esito finale. Per cominciare, l’allargamento della base elettorale, le modalità di presentazione delle candidature e il particolare “spirito dei tempi” che sta caratterizzando questa fase storica hanno reso più trasparente e partecipata questa tornata elettorale. Abbiamo vissuto veri e propri momenti di “campagna all’americana” con tanto di dibattiti pubblici e forte esposizione mediatica da parte dei candidati. Nel passato, le caratteristiche maggiormente “censitarie” delle elezioni davano luogo a una competizione più ovattata, ove, in virtù della posizione preminente dei professori, spiccavano elementi cooptativi tanto nella candidatura quanto nella selezione dei rettori. La competizione, in altre parole, è stata vera, e non sono mancati in alcune occasioni momenti di tensione e di asprezza dialettica. Anche il ventaglio dei temi toccati durante la campagna si è ampliato. Per l’ennesima volta il meccanismo democratico ha mostrato il suo peculiare carattere espansivo: più si estende la platea degli elettori maggiori sono le fasce di interessi coinvolti e inclusi nel processo elettorale e decisionale. Non sono stati trascurati, infatti, i problemi di nessuna categoria, da quella dei docenti (con una propaganda mirata in base al ruolo e alle fasce di età), a quella degli studenti e degli amministrativi. Il carattere più aperto e meno scontato della gara ha inoltre sollecitato una elevata partecipazione dal basso, con il coinvolgimento attivo di larghe fasce di elettorato sia nella discussione pubblica sia nel sostegno e nella mobilitazione a favore di ciascuno dei quattro candidati. Tale fenomeno si è naturalmente tradotto in un’alta percentuale di partecipazione al voto in tutte e tre le tornate elettorali.

L’esito
Un cenno infine ai risultati. Come noto la vittoria del nuovo rettore è stata di stretta misura e con l’apporto determinante della componente tecnico- amministrativa (lo scarto tra i due contendenti è stato di soli 10 voti e i 40 voti in più portati dalla componente amministrativa hanno più che colmato il divario di 31 voti a vantaggio del prof. Massardo nell’ambito della fascia docente). Tale esito, a nostro avviso, è stato determinato, almeno in parte, dagli elementi di novità precedentemente sottolineati. Le turbolenze che hanno attraversato il mondo accademico e i fermenti che stanno caratterizzando il nostro sistema politico hanno certamente contribuito a delineare i contorni di una competizione non scontata, difficilmente manipolabile o indirizzabile da parte di alcuno. Le tradizionali appartenenze e il rispetto delle gerarchie accademiche sembrano aver pesato meno, rendendo il voto più mobile e volatile (in sintonia con quanto avviene a livello politico nazionale). Ciò si è manifestato soprattutto nella prima tornata di votazioni, che ha mostrato logiche molto simili a un meccanismo di selezione dei candidati, le primarie, molto in voga in Italia di questi tempi. Alla fine di questa prima tornata è scaturito infatti un risultato buono, nonché inaspettato, da parte di quelli che in partenza erano pronosticati come outsider, a testimonianza dell’incertezza e dell’imprevedibiltà di queste elezioni. Una particolare menzione merita il peso specifico, aumentato rispetto al passato, della componente amministrativa. In questo caso le nuove regole sembrano aver giocato un ruolo importante. Facendo, con tutte le precauzioni, una grossolana simulazione, appare che, con il sistema elettorale vigente nel vecchio statuto le preferenze di questi elettori più difficilmente avrebbero potuto spezzare l’equilibrio in favore di uno dei due candidati. Con le vecchie regole gli amministrativi potevano esprimere al massimo 100 preferenze, con le nuove hanno potuto esprimerne quasi il doppio: 179,60. Un’ulteriore dimostrazione dell’importanza delle regole del gioco nell’influenzare l’esito delle competizioni politiche.

Giampiero Cama
Dipartimento di Scienze Politiche (DISPO)
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