Insicurezze ignorate

Insicurezze ignorate

Una ricerca strategica per il futuro

Insicurezze ignorateNell'ambito di una ricerca iniziata tre anni fa da alcuni ricercatori del Disfor, del Max Plank Institut e dall'Université Catholique di Louvain-la-Neuve con tre workshops finanziati dall'European Group for Research on Normative Systems (GERN) e, dal gennaio 2013, col progetto PRIN "Le professioni dello spazio pubblico oltre la crisi" (D.M. 1152/ric. del 27/12/2011), è emersa l'importanza strategica del tema delle "insicurezze ignorate", peraltro di estrema e tragica attualità a livello europeo, italiano e in particolare ligure e genovese. Si tratta dei rischi di disastri sanitari-ambientali derivanti non solo dall'aggravamento delle conseguenze dello sviluppo industriale del XIX e XX secolo, ma ancor di più da quelle provocate dalla gestione e soprattutto dallo "sgoverno" del processo di profonda destrutturazione dell'assetto prevalente sino agli anni ottanta (in tutti i paesi più sviluppati). Fra queste conseguenze spicca anche la forte crescita delle economie sommerse che riproducono neo-schiavitù (non solo per immigrati irregolari, ma anche per i regolari e gli stessi nazionali), rifiuti tossici e inquinamento, ovviamente evasione contributiva e fiscale e a volte anche gravi incidenti.
La ricerca ha cominciato a recensire le molteplici "insicurezze ignorate" sollecitando anche la collaborazione dei diversi esperti o professionisti che operano nei diversi ambiti e agenzie di prevenzione e controllo coinvolti (Ispettorati del lavoro, INAIL, ASL, ARPAL, Prevenzione Civile, Sindacati e quindi RLST e RLS, Enti locali, Prefetture, polizie locali e nazionali e anche WWF, Legambiente ecc.). Si continuerà a sollecitare queste e altre collaborazioni anche fra i diversi Dipartimenti del nostro Ateneo proprio perché si tratta innanzitutto di un tema di importanza strategica che coinvolgerà tutti i settori e gli ambiti della ricerca e della stessa vita quotidiana dei diversi segmenti della società contemporanea. È infatti evidente che in assenza di prevenzione e soprattutto di risanamento, i rischi di disastri sanitari-ambientali sono destinati a riprodursi con sempre maggiore pericolosità. Appare quindi preoccupante l'ignoranza, la scarsa attenzione, talvolta l'effimera emozione o la passeggera commiserazione per le vittime di tale genere di disastri, sebbene documenti ufficiali europei e nazionali ne attestino l'alta e crescente probabilità.
Oltre ai noti rischi per Genova e la Liguria, mi limito qui a ricordare che le malattie oncologiche sono diventate la prima causa di morte nei principali paesi europei più sviluppati quali la Germania, la Francia e l'Italia. Com'è noto sono diminuite le morti sul lavoro recensite secondo i criteri tradizionali e riferiti ai soli lavoratori dipendenti assicurati presso l'INAIL, ma non si ha idea di quanti siano i non censiti e tutti gli incidenti sul lavoro, i morti a seguito di malattie spesso non ancora riconosciute come contratte in ambito lavorativo. Peraltro, è ovvio che le morti sul lavoro diminuiscono anche perché la produzione più a rischio è stata delocalizzata nei paesi terzi (vedi per ultimo il caso del crollo della fabbrica Bangladesh con circa 1300 morti). Ricordiamo che il caso genovese non è lontano da quello di Taranto o di Casal Monferrato o di Priolo-Siracusa o ancora di Berre-Fosse-Marsiglia.
L'analisi di diversi casi e dell'aumento dei rischi ci mostra che questo andamento è stato favorito dal cosiddetto sviluppo liberista che ha imposto un grave indebolimento della prevenzione, del risanamento e della regolarizzazione e contemporaneamente meno controlli. In altre parole il discorso mainstream "meno Stato, più mercato", "meno vincoli o lacci e lacciuoli" s'è tradotto in una forte erosione delle garanzie dello stato di diritto democratico e nella riduzione delle risorse e delle forze destinate alla prevenzione, al risanamento e ai controlli (a cominciare dagli ispettorati del lavoro). L'apparente nuova attenzione alla prevenzione civile appare di fatto del tutto occasionale ed effimera e quella contro il cancro quasi del tutto estranea alla necessaria prevenzione (tranne che per il fumo). Contemporaneamente, dal 1990 a oggi, la concezione e le pratiche del governo della sicurezza hanno privilegiato sempre più la cosiddetta lotta alla criminalità sino a farne un'esasperata repressione dei soggetti considerati "antisociali", indesiderabili e responsabili di tutti i mali della società (rom, immigrati, marginali …). Anche in questo ambito, la prevenzione sociale è stata indebolita mentre s'è privilegiata la repressione e la penalità con conseguente sovraffollamento delle carceri. S'è quindi affermata una vera e propria "distrazione di massa" che ha orientato l'attenzione dell'opinione pubblica e delle stesse agenzie di controllo nei confronti delle insicurezze reali o presunte ma spesso esagerate e intese soprattutto come delinquenza. Ne è conseguita una sempre più scarsa attenzione in particolare da parte delle polizie locali e nazionali nei confronti delle insicurezze ignorate e quindi rispetto ai diversi reati quali appunto l'inquinamento, le insicurezze nei luoghi di lavoro, le neo-schiavitù, il trattamento criminale di rifiuti tossici e anche l'evasione fiscale. Non è quindi casuale che come scrive la Banca d'Italia, le economie sommerse sono cresciute in Italia oltre il 32% del PIL (fenomeno diffuso in tutta Europa anche se con percentuali inferiori nei più grandi paesi UE). Sin dai primi risultati della nostra ricerca pluridisciplinare, appare quindi evidente che le insicurezze ignorate possono essere considerate un "fatto politico totale" nel senso che riguardano l'intero assetto della società e il suo futuro che potrà essere ancora possibile a condizione di ripensare il governo della sicurezza come governo della res publica nell'accezione più coerente e completa e in particolare come cultura e pratica della prevenzione e del risanamento con la collaborazione della popolazione. È anche rispetto a questo obiettivo strategico che la nostra ricerca intende studiare e progettare un percorso formativo pluridisciplinare del nostro Ateneo per la formazione di base e anche per l'alta formazione e l'aggiornamento di professionisti effettivamente qualificati in questo ambito.

Salvatore Palidda
Dipartimento di Scienze della Formazione (DISFOR)
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