La fragilità del territorio ligure

La fragilità del territorio ligure

La stagione autunnale del 2011 ha riportato all'attualità la fragilità della nostra regione rispetto agli eventi idro-meteorologici caratteristici dell'area mediterranea e della morfologia del territorio ligure. Intendendo con Liguria, morfologicamente, l'arco appenninico che va da Sarzana a Nizza.

Uno dei più bei paesaggi d'Europa, a picco sul mare, dove il lavoro dell'uomo ha disegnato per secoli la struttura del suolo, paesaggio di borghi dal disegno medievale, "chiese di Liguria come navi pronte ad essere varate". Paesaggio profondamente umano, in cui le testimonianze del passato emergono per chiunque sappia guardare.

Paesaggio di transito e di povera residenza. Sui percorsi romani ed altomedievali si ritrovano vestigia di strade, ponti, abbazie e monasteri che hanno visto passare piene rabbiose dei rii, dei torrenti e dei pochi brevi fiumi.
Crollati e ricostruiti. Insieme ai ponti rovinavano in mare contadini poveri con le loro abitazioni, con il lavoro delle loro "fasce", con i loro boschi.

Non c'era la televisione a mostrare il colore dell'acqua di piena, i movimenti disperati delle vittime nella corrente. È una storia che non è stata raccontata e non lo sarà mai più.

Nell'ultimo periodo della società industriale la crescita della popolazione e dell'occupazione nella fascia litoranea ha elevato il tasso di residenza a livelli terribili per un territorio così fragile. Ha arrampicato su versanti che hanno pendenze di montagna quartieri di decine di migliaia di abitanti, senza vie e mezzi di comunicazione adeguati. Ha parcheggiato decine di migliaia di vetture sul greto di torrenti trasformati in strade, tombati sotto l'esigua sede stradale.

I processi della natura continuano. E trasformano in vittime cittadini attoniti che non sapevano. Non sapevano che tra le fondazioni dei condomini e sotto il manto stradale sono tombati rii che l'urbanizzazione ha trasformato in fognature. Vittime che perdono in pochi minuti il valore delle attività, perdono il mezzo di trasporto che costa un anno di lavoro, perdono anche la vita. Non sapevano.
Anche le amministrazioni non sapevano: non sapevano i vigili urbani, non sapevano gli autisti degli autobus, non sapevano i funzionari.

Non sapevano? E i documenti dei piani di bacino? E la cartografia delle aree a rischio di inondazione? E l'outlet autorizzato a Brugnato nell'area dove gli affluenti di sinistra del Magra hanno accatastato tronchi, pietre e fango?

Il confronto delle immagini satellitari del 2006 e del 2011 dopo gli eventi di questo autunno mostra edificazioni recenti sparse in tutte le aree che i piani di bacino dichiarano a rischio di inondazione. E come è potuto accadere? Chi è quell'improvvido architetto o ingegnere o geologo o geometra che ha progettato? E quell'altro improvvido architetto o ingegnere o geologo o geometra che ha autorizzato? Non sapevano?
Apocalypse now: i magistrati di tre procure della Repubblica volano sugli elicotteri della Guardia di Finanza e dei Carabinieri sulle aree del disastro. Eminenti esperti guidano i team dei consulenti d'ufficio dei procuratori della Repubblica. Alcuni sono docenti del nostro Ateneo.

Mi auguro che loro sapessero.
Mi auguro che i procedimenti non si risolvano di nuovo in una dichiarazione di evento imprevedibile.

Si può vivere e lavorare anche nelle aree della nostra terra che sono a rischio di inondazione: gli eventi sono accettabilmente rari. Purché si sappia a quali rischi si può andare incontro quando la Protezione Civile annuncia.

Franco Siccardi
Dipartimento di Informatica, Sistemistica e Telematica
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