La scienza oggi

La scienza oggi*


Per affrontare un discorso il più possibile ampio sulla scienza, parola della quale si abusa a tutti i livelli, è bene, secondo me, specificare che cosa significa. La parola è usata da millenni e indica genericamente una conoscenza affidabile, accumulata nel tempo, ma naturalmente il concetto di scienza è cambiato nel tempo per cui io vi voglio parlare di che cosa è la scienza oggi, perché non tutti sanno bene di che cosa effettivamente si tratta. Ne darò prima una definizione e poi ritornerò su alcune parole chiave: la scienza oggi si configura come un’impresa collettiva e progressiva volta a comprendere gli aspetti riproducibili del maggior numero possibile di fenomeni naturali in modo da poterli comunicare attraverso il tempo e lo spazio in maniera sinottica e non contraddittoria per mettere chiunque in condizione di fare previsioni ed eventualmente costruire macchine materiali o mentali. Come vedete è una definizione lunga e articolata da cui procederò spiegandone i termini uno per uno.


La scienza è un’impresa collettiva. Sono passati i tempi in cui un singolo individuo, per quanto dotato, poteva fare scienza. Oggi la scienza si fa in gruppi, a volte in grandi gruppi, ma il motivo per cui ho utilizzato l’aggettivo collettivo non è questo, ma perché la conduzione della scienza lo è in quanto, anche se l’autore di un determinato lavoro è una persona sola, al momento di pubblicare i suoi risultati, e se non li pubblica non servono a niente, deve inviare un resoconto scritto di quello che ha fatto a una rivista, la quale lo manda ad un gruppo cosiddetto di pari o di referees i quali esprimono il loro parere. Non succede quasi mai che vada tutto bene, qualche volta è tutto da buttare, nella maggior parte dei casi occorrono della modifiche o addirittura bisogna effettuare degli esperimenti nuovi, i cosiddetti controlli. Questo migliora di molto la qualità del lavoro, anche se non si arriva naturalmente all’impossibilità di errore perché non è umana, però la vita media di un errore scientifico, che una volta poteva essere anche di 50 anni, oggi è di 5/6 anni. Se uno scienziato lavora in un campo importante è tale il controllo collettivo sull’esperimento, immediato e anche retroattivo che è difficile sbagliare, quindi, come dicevo, si tratta di un’attività collettiva.


La scienza è un’impresa progressiva, questo l’ho sottolineato perché purtroppo è un vezzo di alcuni intellettuali e di molti media dire che la scienza distrugge sempre quello che aveva fatto. Einstein ha sbugiardato Newton, la meccanica quantistica ha cancellato la fisica classica. Questa è una della più grosse sciocchezze che si possano dire perché, pur essendo la scienza sempre in cammino ed essendosi verificato negli ultimi 150 anni un totale rivolgimento della scienza, c’è però sempre un filo di continuità. Ad esempio se un corpo va molto, molto veloce la meccanica newtoniana non basta, ma se un corpo va ad una velocità ragionevole la meccanica newtoniana basta e avanza; tutte le nostre automobili vanno secondo una meccanica newtoniana e anche un satellite nello spazio. Certo se la velocità di una particella è altissima bisogna correggere le formule di Newton e a questo ci ha pensato la relatività di Einstein. Esiste un corpus centrale di conoscenze ormai assodate e immutabili (i protoni sono più grossi dei neuroni, l’informazione genetica è portata dal DNA, ecc), poi c’è tutta una serie di conoscenze che cambiano un pochino ogni 10/20 anni; c’è poi il fronte delle conoscenze che cambiano molto velocemente, ma questo è il bello, non il brutto della scienza.
Karl Popper definì scientifica una cosa che era falsificabile: Molta gente ha confuso falsificabile con falsificata e pertanto ha affermato che la scienza è falsificata. Se la scienza fosse falsificata poveri noi! La scienza è falsificabile nel senso che fa delle previsioni che significano qualcosa: ad esempio se si compie un esperimento e si vede che la previsione è verificata bene, se no c’è qualcosa che non va, bisogna ripensarci. Questa impresa è volta a comprendere gli aspetti riproducibili dei fenomeni. Su questo concetto non si insiste moltissimo, ma è fondamentale perché prima ancora di essere spiegabili i fenomeni per essere scientifici devono essere riproducibili. Qualcuno potrebbe obiettare “allora l’evoluzione, il big bang?” Non esageriamo, riproducibili non vuol dire riproducibili quando mi pare, riproducibili vuol dire che cambiando leggermente le condizioni si ottiene sempre lo stesso risultato.
Questo principio è basilare perché la maggior parte delle pseudoscienze di oggi si occupano di fenomeni che non hanno la caratteristica di essere riproducibili: Se un fenomeno avviene una volta sola non ci posso fare niente, non lo posso studiare, non posso nemmeno studiarne la sua regolarità se non è riproducibile.


Edoardo BoncinelliLa natura fondamentale dei risultati scientifici è quella di essere comunicati. Possono essere comunicati a voce, per iscritto, possono essere incisi nella roccia, ma devono essere comunicati altrimenti non servono a nulla. Come devono essere comunicati? Intanto in maniera abbastanza sintetica. Ad esempio: avevo questa idea, ho condotto questo esperimento, ho ottenuta questi risultati. Ma la cosa indispensabile è che non sia contraddittoria e qui ritorniamo alle pseudoscienze che, se le guardi bene, sono intrinsecamente contraddittorie. La scienza non deve essere contraddittoria e deve basarsi su definizioni. La matematica, ovviamente, è la regina della scienza che si basa su definizioni che sono libere e non hanno nessun vincolo. Le definizioni delle scienze sperimentali hanno qualche vincolo, ma come si può procedere senza?
Il problema non è quello delle definizioni bensì che molta gente dà una definizione nella prima pagina e poi in quelle successive non si attiene alla medesima definizione, in questa maniera io dimostro qualsiasi cosa. Prendiamo una pseudo scienza oggi famosissima come la psicanalisi il cui difetto fondamentale è di essere internamente contraddittoria per cui ovviamente non può arrivare a nulla e non può essere nemmeno falsificata.
La scienza per essere scienza non deve contenere affermazioni contraddittorie e deve anche poter fare previsioni. E’ facile spiegare quando una cosa è successa, il difficile è prevedere quando non si è ancora verificata. Il più grande trionfo della prevedibilità lo si ascrive a Paul Dirac, un fisico che applicò la relatività alla meccanica quantistica. Egli scrisse un’equazione per l’elettrone bella, elegante, ma la soluzione di questa equazione portava all’esistenza di elettroni positivi. Sino a quel momento si conoscevano solo elettroni negativi, quindi si pensò ci fosse qualcosa che non andava; il grande Niels Bohr pensò addirittura che fossero protoni! Dopo qualche anno sono stati scoperti gli elettroni positivi che noi chiamiamo positroni e questo in retrospettiva è un grandissimo trionfo.
Il fatto rilevante è che la logica di questo signore abbia portato, nella totale oscurità dell’esistenza di queste particelle, alla loro previsione. La vera scienza fa previsioni, anzi la potenza di una scienza si misura dalla quantità di previsioni che riesce a fare e poi, naturalmente, la verifica finale è la costruzione di qualche macchina che può essere materiale, ma anche mentale come una estrazione di radice, una sottrazione, la soluzione di un’equazione.


Non so se ho esaurito tutte le caratteristiche della scienza, ma certamente ne ho elencate molte. Mi permetto di insistere sulla collettività e sulla non contraddittorietà, perché sono cose che potrebbero servire anche a cose non scientifiche. Ad esempio oggi ci si pone spesso il problema della conduzione della cosa pubblica che, come ben sappiamo, fa acqua da tutte le parti e forse copiare un poco dalla scienza, soprattutto per quanto riguarda l’essere collettivo e l’essere non contraddittorio, potrebbe aiutare.
La scienza produce conoscenza a cui aggiungo l’aggettivo “affidabile” perché è uso, soprattutto in questo paese, dire che le verità scientifiche non sono verità affidabili; si dice siano verità parziali, verità temporanee, verità sulle quali non mi posso appoggiare. Le verità scientifiche avranno qualche problema, ma figuriamoci tutte le altre!
Quindi la conoscenza scientifica è, per quanto possa esserlo una cosa umana, affidabile. Ha un’enorme offerta di applicazioni pratiche di cui noi siamo anche troppo al corrente. Soprattutto la biologia negli ultimi decenni si è inventata tante cose sulle quali la gente si è accapigliata, ma direi che complessivamente ha offerto nuovi presidi per rendere la vita degli esseri umani migliore. La scienza ha infatti anche un valore sociale.


La conoscenza portata dalla scienza è vera ed affidabile, anche se settoriale e per certi argomenti provvisoria, ed è composta, come ho già detto, di tre grandi gruppi: un corpo ormai immutabile, un corpo che cambia lentamente e un corpo che cambia molto velocemente, quindi alcune conoscenze che fanno parte oggi della scienza sono provvisorie, ma lo scienziato lo sa e cerca sempre di vedere che cosa sta cambiando e che cosa sta migliorando.
E’ certamente settoriale. Ho insegnato per più di 10 anni presso la Facoltà di Filosofia del San Raffaele di Milano e i miei colleghi filosofi, soprattutto Emanuele Severino, mi dicevano sempre: “ma voi non studiate il tutto” e io rispondevo “tu insegnami come si fa a studiare il tutto ed io domani mattina lascio tutto quello che ho fatto fino ad oggi e mi metto a studiare il tutto”. Il tutto, ammesso che esista non si può studiare. Bisogna aggredire la realtà a piccoli passi, a qualche domanda per volta.
E’ noto, per esempio, che la meccanica abbia celebrato i suoi più grandi successi facendo finta che non ci fosse l’attrito. Questa sicuramente è una bestialità perché l’attrito c’è dappertutto, anzi, senza l’attrito non c’è nemmeno il movimento. Però quanto sarebbe costato, in termini di ritardo delle scoperte, ipotizzare l’attrito fin dall’inizio? Sarebbe stata una tragedia! Si è fatto tutto come se non ci fosse e poi è stato reintrodotto, reintrodotto brillantemente. Infatti esistono le turbine, le eliche, i moti viscosi, ma se si fosse partiti dalla complessità senza cercare di semplificare non si sarebbe arrivati da nessuna parte.
La scienza deve formulare domande che abbiano una risposta immediata o prevedibilmente vicina. Chi di voi ha già fatto lo scienziato sa che la fatica è andare ogni mattina in laboratorio a porsi le domande che hanno una risposta perché quando io riesco a porre le domande in una certa maniera non dico che ho già risolto ma certamente sono già abbastanza avanti per quanto riguarda l’elaborazione di un problema.


Naturalmente è inutile che parli delle applicazioni della scienza perché sono un numero sterminato.
Quello che io chiamo valore sociale della scienza è in primis un contributo alla cultura. Noi in Italia siamo poco propensi a inserire la scienza nella cultura, basta vedere come sono divise la pagine dei quotidiani; quasi mai trovate un articolo scientifico nella pagina della cultura, però concetti come vita, evoluzione, energia, mente, memoria, informazione, coscienza, sono tutte parole che usiamo quotidianamente e che sono nate o si sono sviluppate in ambiente scientifico. Oggi non è possibile parlare senza utilizzare qualche termine che viene o che è passato dalla scienza. Per chi di voi sta seguendo la grande eccezionale rivoluzione delle neuroscienze sa che il bello di questi ultimi 20/30 anni è che domande alle quali una volta poteva rispondere solo il filosofo o il prete si possano anche affrontare scientificamente. Per esempio che cos’è la libertà, la memoria, la coscienza sono domande che da qualche anno si possono affrontare, non dico risolvere, in sede quasi scientifica. Esiste poi quella che io definisco la mentalità scientifica, una forma mentis basata su razionalità, spirito critico, disposizione all’ascolto dell’altro, abitudine a criticare e a essere criticati, disponibilità a cambiare idea, quest’ultima è fondamentale. Gli scienziati, se lo sono, sono disponibili a cambiare idea, i non scienziati non cambiano mai idea, vanno avanti per anni, ma la cosa comica è che anche gli scienziati quando non parlano di scienza cadono nello stesso difetto, perché è troppo facile pensare di pensare giusto e continuare imperterriti a pensare quello che si pensava. Questo è in sintesi lo schema che definisce la mentalità scientifica, ma è ovviamente anche il nocciolo dello spirito democratico: razionalità, ascoltare gli altri, disposizione a criticare e a essere criticati, soprattutto direi razionalità. Non è un caso che le nazioni di più vecchia e solida democrazia siano quelle che danno maggior valore alla scienza.


Quindi io direi che fra i più alti meriti della scienza c’è la mentalità scientifica. In Italia abbiamo poca mentalità scientifica anche se abbiamo avuto scienziati eccezionali che hanno fatto la storia della scienza. A partire da Galileo che ha sostanzialmente inventato il metodo sperimentale a oggi dove, soprattutto nel campo della fisica abbiamo grandi scienziati, ma quello che manca nel grande pubblico, tra la gente, nel modo di ragionare, nel modo di giudicare, nel modo di valutare, è la mentalità scientifica.
Secondo me quello che si dovrebbe fare, ma non dico nulla di originale, è stato detto tante volte, dovrebbe essere insegnare ai bambini, fin dalla scuola materna, non i piselli di Mendel, non le equazioni differenziali, ma a ragionare col metodo scientifico, instillargli nella testa il metodo scientifico. Voi sapete che un italiano medio quando vede un istogramma comincia ad annaspare, e quando vede una percentuale si trova a disagio? Questo è sbagliatissimo anche dal punto di vista sociale.


La scienza ha dei limiti: per prima cosa non esiste nessuna spiegazione scientifica che chiarisca tutto, altrimenti sarebbe una fede, quindi la principale limitazione della scienza è che deve spiegare qualcosa ma non tutto e questo si chiama ambito di validità.
Alla fine del ‘700 e all’inizio dell’800 si è creduto che la scienza ci avrebbe dato la felicità e che ci avrebbe fatto diventare più saggi. Non so chi abbia concepito queste idee bislacche, che certo si leggevano nella gazzette del ‘700 e nelle raccolte scientifiche dell’800. Il fatto che poi queste previsioni non si siano realizzate si è ritorto contro gli scienziati come se non avessero mantenuto le promesse che in realtà non hanno mai fatto, perché la scienza non può dare la felicità! Va bene quando ci dà il benessere che non è poco, ma la felicità è un’altra cosa. In quell’epoca tutti erano convinti che con l’affermazione della scienza e con l’esportazione della scienza alle scienze umane, come la sociologia, la psicologia, la politica, saremmo diventati più saggi: naturalmente la realtà sta lì a dimostrarci che non è vero. Quindi la scienza deve operare con la consapevolezza di non poter superare certi limiti
Oggi il rapporto tra scienza e etica, come si configura? Si configura nel fatto che la scienza, soprattutto nel campo biologico, ha inventato tante cose, l’applicazione delle quali fanno discutere non gli scienziati e gli eticisti, ma i portatori di etiche diverse. Il contrasto, quindi, non è tra scienza ed etica, che hanno metodologie e punti di vista completamente diversi, ma tra concezioni etiche diverse. Se il grande pubblico avesse su un determinato argomento la stessa idea non ci sarebbe nessun contrasto.
Il demerito della scienza, se di demerito si può parlare, è quello di mettere continuamente in campo argomenti nuovi, però, ogni volta che c’è stato un accordo sui valori etici la scienza non ha potuto fare altro che adattarvisi. Pensate alla sperimentazione animale: 40 anni fa il modo di trattare gli animali era basato essenzialmente sulla sensibilità individuale, poi è cresciuta una sensibilità internazionale per la sofferenza degli animali e miracolosamente, poiché non posso usare altro avverbio che questo, si sono trovati tutti d’accordo su cosa si dovesse fare e cosa invece non si dovesse fare per stabulare e per trattare gli animali, sono state elaborati norme e provvedimenti e lo scienziato che cosa ha dovuto fare? Anche se la ricerca costa di più, prende un po’ più di tempo non ha fatto altro che adeguarsi. Ricordatevi quindi che il contrasto che qualcuno in mala fede vede tra scienza ed etica, è in realtà tra etica ed etica. Si risolverà questo contrasto? Permettetemi di non essere molto ottimista perché l’uomo valuta e giudica secondo una serie piuttosto ampia di parametri basati sulla sua storia personale, sulla sua educazione, sul suo vissuto e sul fatto che su certe cose si vada tutti d’accordo la vedo piuttosto difficile. Come scienziato me lo dovrei augurare dovrei esserne contentissimo ma come uomo so che sarà difficile. Qual è la soluzione?
Non la so, non sono venuto a proporre soluzioni, però certamente sulle questioni fondamentali più si discute e meglio è, soprattutto se a livello internazionale, perché se una nazione prende una decisione e un’altra ne adotta una diversa non va bene. Il progresso scientifico offre lo spunto per sempre nuovi dilemmi etici, su questo non c’è dubbio, e andando avanti anche nei prossimi anni ci sarà sempre qualche altra cosa messa sul tappeto che farà discutere. Occorre quindi riconoscere che la scienza ha il difettuccio, soprattutto oggi che va velocissima, di mettere sempre nuova carne al fuoco. Non possiamo però accusarla di offrire nuove opportunità, bisognerebbe vedere per quale motivo poi non ci si trova d’accordo su tutto, io naturalmente ho le mie idee, ma sono certamente diverse da quelle di altri.


La scienza oggi soffre di problemi di adeguata comunicazione che ne è parte integrante e serve a informare i cittadini (questo è obbligatorio poiché vengono chiamati sempre più spesso a prendere decisioni su questioni che hanno risvolti scientifici), a migliorare il loro atteggiamento verso la scienza e anche a spingere i giovani verso la carriera scientifica.
Io vi ho fatto una rapida carrellata iniziando da una definizione, dettagliandola, dando alcuni esempi, ma naturalmente non ho potuto esaurire tutto il campo. Se però uno si attenesse ad alcuni dei principi che ho enunciato già saremmo parecchio avanti. La scienza è una grande avventura dello spirito, è il potenziamento dei nostri organi sensori, sotto la regia del cervello, della ragione.
Voi sapete che da 400 anni a questa parte sono nate le scienze sperimentali; per esempio non c’è dubbio che la matematica sia una scienza ma non è una scienza sperimentale. Perché sono nate le scienze sperimentali? Perché qualcuno ha detto: a forza di ragionare a certe risposte non si arriva, bisogna fare degli esperimenti. Così Galileo, dalle parti nostre, Bacone, dalle parti sue, più tutta una serie di persone che oggi si ricordano poco hanno fondato il metodo sperimentale.
Che cos’è l’esperimento? L’esperimento è un’osservazione fatta in modo da ottenere il più alto risultato possibile. Lo sperimentatore non inventa nulla, prepara il campo, prepara le cose che deve osservare in modo da riuscire a carpire il maggior numero possibile di dettagli. Oggi come oggi non è possibile prescindere dal metodo sperimentale, questo non vuol dire che tra 50/100 anni non ne avremo inventato un altro ancora, ma al momento non esiste altro metodo. Ragionare solamente non basta, è necessario ovviamente, soprattutto per eliminare contraddizioni interne, ma ci vuole l’intervento materiale sulle cose che si devono studiare.
Qualcuno dice: così facendo tu cambi il mondo. Grazie, certo! Per quanto poco facendo un esperimento io cambio le condizioni del mondo, ma le alternative non si vedono, per lo meno non si sono viste fino ad oggi e quindi bisogna accontentarsi di fare gli esperimenti bene, pensarli bene, progettarli ed eseguirli bene, comunicarli bene e i risultati non possono mancare.
In conclusione, mi rivolgo ai giovani per dargli un consiglio che dette a suo tempo l’immunologo Peter Medawar: ponetevi problemi importanti, avrete risposte importanti.
Grazie.

Edoardo Boncinelli
Ordinario di Biologia e Genetica presso l’Università Vita – Salute di Milano
*il testo è la trascrizione della registrazione audio della conferenza che il prof. Boncinelli ha tenuto nell’Aula Meridiana dell’Ateneo genovese il 12 marzo 2013

Allegati:

Presentazione di Edoardo Boncinelli

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